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fuori è un giorno fragile (2006)

a cura di Karin Gavassa e Lorena Tadorni

  

Sabato 27 maggio 2006 Velan presenta la mostra fuori è un giorno fragile, un progetto espositivo a cura di Karin Gavassa e Lorena Tadorni, che coinvolge artisti dell’ultima generazione, nazionali e internazionali, che impiegano materiali delicati, fragili, leggeri, e nelle cui opere entra in gioco una forte manualità. La tipologia degli elementi impiegati, unita a tecniche che oggi sembrano dismesse, dà vita a opere che vivono in un proprio contesto e che recuperano un rapporto con pratiche ormai quasi dimenticate, in cui la pazienza, una sorta di accanimento, produce risultati di grande sensibilità e leggerezza. Con esiti diversi, gli artisti in mostra si riappropriano di una dimensione che rifugge dai linguaggi legati ai nuovi media, sviluppando il lavoro su una processualità che si protrae, richiedendo attenzione, cura e dedizione. Le opere in mostra sono di: Peter CALLESEN, Belén CEREZO MONTOYA, Junko IMADA, Irena LAGATOR, Dacia MANTO, Eva MARISALDI, Irene ROSSI, Carlo STEINER, Ester VIAPIANO. Peter Callesen (Herning, Danimarca, 1967) realizza delicati paperworks in cui bellezza e fragilità sono espressione di una condizione esistenziale velata di malinconia. Grazie a una meticolosa tecnica di intervento sulla carta, l'artista ricrea una dimensione fiabesca, fantastica e illusoria. Anche Belén Cerezo Montoya (Vitoria, Spagna, 1977) esplora una realtà privata, ma attraverso media differenti. Il gesto con cui dà vita al vestito, realizzato con la spugna, insieme alla presenza del suo corpo, compone un’azione minima. Junko Imada (Kumamoto, Giappone, 1971) inserisce su morbidi teli di poliestere piccole sculture in ceramica che ricordano i bachi della seta. Nascono così, nella scansione ritmica e paziente del suo lavoro, i delicati e leggeri teli di foam che coniugano organico e artificiale, leggerezza e gravità della materia. Lo stesso senso di transitorietà permea il lavoro di Irena Lagator (Cetinje, Montenegro, 1976), che svolge una ricerca archeologica sul presente, impiegando gli scontrini, i cui dati impressi sono destinati a cancellarsi nel giro di pochi mesi, e la colla, con cui traccia figure stilizzate di grande leggerezza. Sulla rappresentazione dello spazio si muove invece Dacia Manto (Milano, 1973) che, attraverso supporti mimetici e spiazzanti, come spugne, gomme-plastiche, perle, realizza insolite mappature di luoghi che giocano con le leggi fisiche e la loro rappresentabilità, mentre Irene Rossi (Biella, Italia, 1975) recupera un processo tradizionalmente legato alla condizione femminile per dar vita a piccoli microcosmi barocchi fatti di perline, paillettes e stoffe. L'interesse per la potenzialità espressiva dei materiali caratterizza l'opera di Carlo Steiner (Terni, 1957). Parallelamente all'uso della carta, l'artista crea delicate farfalle di ostia che, minuziosamente tagliate, si installano nello spazio con la delicatezza di un volo. Ester Viapiano (Torino, 1973) infine realizza leggere installazioni servendosi di materiali che contornano il vuoto, che lo imbrigliano in una forma pur non riempiendolo. Apre la mostra Sguardi, 1993, un intenso lavoro di Eva Marisaldi (Bologna, 1966), in cui delicati occhi di pesce in formalina sono racchiusi in fragili provette da laboratorio. Con il patrocinio e la collaborazione della Città di Chieri. Con il supporto di: Regione Piemonte, RAS Assicurazioni – Pinerolo.

 

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